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Le vendite di Vinili e CD superano i download digitali

Le vendite di Vinili e CD superano i download digitali
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Nell’era della musica in streaming il vinile batte il download digitale: boom, sorprendente, quasi commovente per milioni di amanti dell’audio analogico che in Italia viaggia con incrementi a doppia cifra!

Le vendite di Vinili e CD superano i download digitali

Avere un giradischi, tutto sommato, è bello: la soddisfazione di trovarsi saltuariamente a suonare un disco con gli amici a casa che magari fa un po’ figo e un po’ atmosfera, magari qualcuno che spulcia la collezione e qualcun altro che ti chiede di alzare il volume.

È una gara al ribasso tra formati entrambi superati dalla nuova fiamma dello streaming, ciò nondimeno una chicca per gli appassionati che non hanno dimenticato questo affascinante supporto. Solo pochi anni fa sembrava che il download digitale di brani musicali da piattaforme come Itunes fosse la grande innovazione ed oggi questo formato è stato di fatto sostituito dallo streaming e addirittura sorpassato nuovamente dal compact disc e dalla ripresa del vinile.

Il risultato è che per il 2017 i download digitali hanno contribuito per il 15% dei ricavi, mentre dalle vendite di CD e dischi in vinile arriva il 17% del fatturato del settore musica in USA, come segnala Engadget. Per sfruttare il ritorno di fiamma di CD e dischi, alcune società hanno pensato bene di riaprire stabilimenti per produrre dischi in vinile, senza contare marchi più o meno celebri che continuano a sfornare giradischi e piatti per riproduzione e ascolto.

Nella rivoluzione in atto nel mondo della musica, l’ex fenomeno del download cede il passo ai vecchi supporti fisici. Il ritorno del disco in vinile starebbe quindi “salvando la musica”. Ma è davvero così? E quanto potrà continuare questo fascinoso ma grottesco paradosso temporale?

Tuttavia lo streaming sembra essere il futuro. Dai dati RIAA (Recording Industry Association of America) si vede come il mercato americano sia oggi costituito per il 65% da streaming (free e premium), per il 17% da cd e vinili e per il 15 % da download digitale, con un 3 % residuo di sincronizzazioni (musica per film, serie TV e pubblicità).

Lo streaming infatti rappresenta la fetta principale dei ricavi di major ed etichette indie in USA. Un rivoluzione, quella dell’industria musicale che è avvenuta, come ha acutamente osservato qualcuno, come se un aereo avesse cambiato i motori in volo, ovvero continuando a lanciare nuovi artisti ed investire.

Perché si investe sul vinile, allora? Perché, per ora, è un mercato stabile.

Le aziende, in tutti questi anni di totale revisione dei propri modelli di business, hanno continuato ad investire in ricerca a sviluppo al ritmo di oltre 4,5 miliardi di dollari all’anno per scoprire e lanciare nuovi talenti. Internet ha reso tutto più semplice, con milioni di canzoni messe a disposizione a livello globale in ogni istante, ma ha anche reso più difficile per un artista emergere.

Tuttavia, mentre l’evoluzione dei modelli di business nella musica è stata rapida e dirompente, la legislazione è rimasta ancorata a modelli antiquati che hanno consentito la creazione di rendite di posizione per piattaforme che offrono contenuti ma che versano molto poco in diritti.

La questione del value gap, ovvero la discriminazione remunerativa tra piattaforme che offrono contenuti caricati dagli utenti, come YouTube, e i servizi come Spotify, Deezer o Apple Music è oggi il problema più rilevante, come dimostrano anche recenti studi accademici.

Vi sono imprese che grazie ad una normativa vecchia di oltre venti anni e concepita per intermediari passivi e neutrali estraggono enorme valore dal consumo di musica senza remunerare adeguatamente i titolari dei diritti ed incidendo così sullo sviluppo dell’innovazione nel settore creativo.

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