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Finanziare il proprio progetto discografico con i soldi degli altri?

Perchè i soldi ce li deve mettere qualcun altro
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Avere le risorse economiche nell’industria musicale è fondamentale, ma perchè i finanziatori devono sempre essere gli altri?

Perchè i soldi ce li deve mettere qualcun altro

Più volte abbiamo ripetuto come nella discografia moderna “Chi fa da sé fa per tre”, tuttavia sempre più spesso ci imbattiamo in articoli, suggerimenti e iniziative in cui il messaggio finale è sempre lo stesso e cioè: “Tu crea la tua musica, qualcun altro metterà i soldi per te”. In realtà una giovane band che intraprende da sola un’attività può riuscire a farla sorprendentemente bene, meglio di quanto potrebbe fare se coinvolgesse altre persone.

La discografia si è evoluta tantissimo, creando dei modelli di business nuovi e trasformando la musica in un servizio più che in qualcosa da possedere come un cd o un vinile. In tanti hanno cavalcato l’onda, arrendendosi al cambiamento e cercando soluzioni nuove ed alternative, basando il loro business su altre attività. Altri continuano, seppur con un nuova e più moderna impostazione, ad intendere la discografia sempre con la stessa superata mentalità degli anni settanta, ottanta e novanta.

Per cui leggiamo articoli su come approcciare le etichette discografiche e trovare finanziatori che illudono gli emergenti, attraverso messaggio profondamente sbagliato e ormai obsoleto, a pensare che al giorno d’oggi ci sia ancora qualcuno disposto ad investire su di loro. Sveglia, non funziona più così!

Se persino le poche major discografiche rimaste sono in difficoltà nonostante il supporto mastodontico della TV a cui spesso ricorrono, come è possibile credere che l’utente singolo o la piccola etichetta discografica possano in qualche modo investire davvero su un progetto discografico sconosciuto dal ritorno economico praticamente nullo? L’era delle scommesse è finita ormai.

Quasi tutti gli artisti che si sono affidati a Plindo eLabel, provenivano da esperienze decisamente negative con etichette discografiche o campagne di raccolta fondi. Nel primo caso perchè, oltre a dover sostenere gran parte delle spese, le band erano anche vincolate a terribili condizioni imposte da contratti stipulati dall’improvvisato di turno titolare dell’etichetta. Nel secondo caso perchè, al di là della stretta schiera di amici, parenti ed ex fidanzate, la band stessa è stata costretta a finanziare gran parte della propria campagna di crowdfunding purchè di raggiungere l’obiettivo prefissato. Della serie: “Almeno qualcosa abbiamo raccolto…”

Le poche etichette di discografiche serie rimaste, spesso vogliono vedere qualcosa di concreto prima di instaurare qualsiasi tipo di rapporto contrattualistico con una band sconosciuta. Anche perchè ormai è difficilissimo riuscire a vendere la musica.

Il nostro consiglio è sempre lo stesso: considerate il vostro progetto discografico come un’altra qualsiasi tipologia di startup. A nessun liutaio verrebbe l’idea di aprire il proprio laboratorio sperando che qualcun altro metta i soldi per acquistare materiali, utensili e pubblicità.

Procuratevi quindi le risorse economiche per fronteggiare le spese di produzione, promozione e ufficio stampa con professionisti veri. Valutate i risultati, se sono analiticamente incoraggianti, allora cercate di fare il “salto di qualità”. Altrimenti continuate ad insistere, investire e migliorare il vostro progetto discografico.

Se da soli otterrete buoni risultati aumenterete le possibilità che siano gli altri a cercarvi.

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