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La rivoluzione digitale nel mondo dell’arte

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La rivoluzione digitale ha cambiato tutti i mercati, tutti i prodotti e i servizi. I più ovvi sono stati l’industria cinematografica, quella musicale e quello dell’editoria.

La rivoluzione digitale nel mondo dell’arte

Il 10 gennaio di 71 anni fa veniva lanciato sul mercato il 45 giri. Da allora tutto è cambiato, con l’esplosione dello streaming e del digitale, che ha stravolto il modo di fare e ascoltare musica.

L’industria discografica è stata la prima a raccogliere i frutti della transizione all’era digitale. Non è stato un viaggio indolore, in quanto ha creato grossi mutamenti e ha subito ristrutturazioni in tutta la filiera, ma oggi è possibile guardare alle enormi opportunità dello streaming con molta fiducia: le aziende, ad esempio, sono cambiate e molte professioni sono diventate determinanti – ad esempio l’analista dei di dati prodotti dalla piattaforme in rete.

Ma la rivoluzione digitale non è stata solo industriale e di prodotto. Nuove generazioni di artisti si sono affacciati sul mercato, e innovativi generi musicali hanno cominciato a scalare le classifiche e a conquistare award di platino.

Le tecnologie digitali hanno permesso, infatti, il lancio su vasta scala di software di campionamento e montaggio audio che oggi sono alla portata di sempre più persone, permettendo una democratizzazione della produzione musicale.

Ma questo impone una nuova attenzione al diritto d’autore. In soccorso della sua tutela arrivano, come afferma Davide D’Atri, le stesse tecnologie digitali. «L’utilizzo della blockchain nell’industria musicale è molto interessante. Come Soundreef stiamo lavorando al processo di notarizzazione blockchain che permette di certificare l’esistenza di un brano con il vantaggio che il processo non è in capo ad un singolo ente ma è distribuito, decentralizzato e immutabile. Trasparenza e sicurezza per le proprie opere sono garantiti».

E così prima con i millennial, poi con la generazione Z, i teenager sono tornati a essere i grandi consumatori di musica, grazie agli smartphone e alle piattaforme streaming. Le playlist stanno soppiantando l’album e generi come hip-hop e rap rappresentano i nuovi linguaggi dei fan di musica. In Italia, per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno, solo nel 2019 sono stati consumati oltre 37 miliardi di stream – il 48% in più dell’anno precedente. Di fatto chiunque ha oggi in tasca un “giradischi” portatile con accesso illimitato a oltre quaranta milioni di canzoni su decine di piattaforme.

In questo contesto anche l’approccio professionale deve risultare multidisciplinare e rispondente alle nuove esigenze ed opportunità create dall’innovazione digitale, soprattutto in l’Italia, paese estremamente ricco di opere non adeguatamente valorizzate.

La musica digitale, ad ogni modo, ha abbattuto ogni frontiera: in un mondo dove crescono dazi e si innalzano muri, la musica sembra invece non conoscere confini e godere paradossalmente di quell’esposizione globale che mai ha avuto prima.

Ma se la musica è ormai dematerializzata e digitalizzata, come si spiega il ritorno del vinile certificato da tante ricerche e tante analisi? Con una semplice constatazione: il vinile non sta affatto tornando, al massimo non è completamente morto come ci si aspettava.

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