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Intervista a ZuiN

Intervista a Zuin
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Dai Ninfeanera alla carriera solista: Massimo ZuiN ci parla dei suoi «fantasmi».

Intervista a ZuiN

Sono cambiate tante cose dall’esperienza coi Ninfeanera. Quello che non è cambiato, però, è la passione di Massimo Nuin per le parole e la musica. Il cantautorato si fonde con un sound fresco e moderno; le melodie acustiche si intrecciano con l’emotività della voce.

Con «Fantasmi», ZuiN lancia un appello a seguire le proprie passioni e i propri istinti, superando paure ed insicurezze.

Come è cambiato il Massimo Zuin dei Ninfeanera dal Massimo Zuin solista?

Il Massimo ZuiN solista è lo stesso dei Ninfeanera, cambia solo il messaggio che voglio passare. Con questo progetto voglio raccontare cose che parlino in prima persona, storie, sensazioni e sentimenti.

Da dove nasce la tua passione per la scrittura e per la musica?

La nascita della passione per la musica non ha ricordo, il primo penso sia all’età di 5 anni quando ascoltai il disco Bad di Michael Jackson. Ne rimasi folgorato. A 15 anni poi iniziai a strimpellare la chitarra, iniziando da subito a scrivere cose composte da me, ovviamente di dubbia qualità!

Da poco è uscito il tuo singolo, «Fantasmi». Puoi raccontarci qual è il concept del brano?

«Fantasmi» è nata di getto, probabilmente erano cose che avevo dentro e volevo solo buttare fuori.
Io e il mio produttore artistico, Claudio Cupelli, abbiamo fatto un lavoro meticoloso per riuscire a portare modernità nell’arrangiamento, pur mantenendo la naturalezza di scrittura chitarra e voce.

Tra i fantasmi di cui parli ci sono anche quelle persone che pensano solo al lavoro, che ricercano spasmodicamente il profitto. Come ti poni di fronte ad una società sempre più materialista, in cui “avere” e “apparire” sembrano contare sempre di più?

Io non sono un anticonformista. Anche io, come penso tutti, sono figlio dell’apparire. Mi dispiace solo quando la gente dà più valore al lavoro, ai soldi, alla carriera rispetto a famiglia, amici e passioni. Ci dovrebbe essere il giusto equilibrio.

Uno dei punti forti della tua musica è l’emotività, che emerge con chiarezza sia nel lavoro in studio che nei live. Quale delle due situazioni preferisci, per comunicare il tuo messaggio?

Il lavoro in studio mi piace, ma quello che amo davvero fare è suonare dal vivo, Io compongo ad occhi chiusi, pensando a come sarebbe quella canzone davanti a un pubblico. Cerco sempre di scrivere cose che abbiano una forte componente emotiva, forse andando controtendenza rispetto alla moda attuale, ma è fondamentale per me essere naturale.

Negli ultimi anni sembra essere stata riscoperta la musica indipendente, tanto che non è difficile ascoltarla anche in radio – cosa che, magari, alcuni anni fa sarebbe stata impensabile. Questo ha suscitato molte polemiche, da parte di chi accusa tali artisti di essersi “venduti” e di fare ormai musica “mainstream”. Da protagonista della scena, cosa pensi di questa situazione?

Penso che la lancetta del gradimento ce l’ abbia il pubblico e se un progetto vende è perché piace.

Non mi piace criticare la qualità, lo stile, il messaggio di quello che funziona in questo momento, ma lavoro duro per creare qualcosa di personale che funzioni in egual modo.

Come ti vedi tra dieci anni? Pensi che calcherai ancora i palchi con la tua chitarra o hai altri progetti?

Tra dieci anni mi vedo sicuramente su un palco, magari con un ipotetico figlio/a che mi ascolta da sotto il palco e, spero, con qualche persona in più rispetto ad ora!

A cura di Daniele Mu

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