
Gli Anthony Laszlo sono un duo decisamente fuori dalle righe. Per questo non potevamo non intervistarli.

Avevamo conosciuto gli Anthony Laszlo qualche tempo fa con la notizia dell’uscita del loro nuovo album, pagina che ha subito avuto un’esplosione di visualizzazioni sin dai primissimi minuti dopo la pubblicazione.
Così abbiamo deciso di scambiare con loro qualche parola per conoscerli meglio. Ok, adesso sappiamo con certezza quanto siano stravaganti.
Immaginate di dover spiegare cosa siano gli Anthony Laszlo a chi non vi conosce: come vi descrivereste?
Innanzi tutto Anthony Laszlo siamo noi, Anthony Sasso chitarra e voce e Andrea Laszlo batteria e voce. Diciamo che Anthony e Laszlo formano un’entità unica, contenitore e veicolo delle nostre pulsioni più profonde.
Il vostro album di debutto ha sonorità molto eterogenee, ma ogni traccia è legata da un filo conduttore che vi identifica come band. Come nascono i pezzi?
Queste canzoni hanno storie diverse, ma sono nate stando insieme e nella nostra simbiosi hanno preso vita. Nascono fondamentalmente per l’esigenza di psicoanalizzarci, di capire cosa ci è successo vivendo fino a questo momento. Scriviamo per noi stessi e lo facciamo per salvarci.
Nelle canzoni vengono affrontate anche temi importanti come l’abbandono infantile, l’amore, il tradimento, la debolezza dell’uomo. Quanto contano i testi nella vostra musica?
Diciamo che l’importante è la verità, non il testo. La spontaneità nell’esprimersi, l’idea di non pensarci troppo su, perché in fondo parlando di se stessi e con se stessi non c’è né bisogno. Questi per la maggior parte, sono testi cantati istintivamente e non scritti o pensati. Sono uno sfogo, una liberazione e un modo per esorcizzare le difficoltà, ma sempre con un po’ di ironia.
Possiamo dire che la band si sia formata quasi per caso, durante un live. Da duo come gestite gli show, e che rapporto mirate a creare con il pubblico?
Il nostro è un corpo a corpo. Direi che non gestiamo molto i live, anzi sono ingestibili. Siamo ingestibili. L’interazione con il pubblico spesso è fisica, perché in due bisogna dare tutto quello che si ha. In occasione del nostro primo concerto, siamo saliti sul palco senza sapere cosa suonare e senza avere mai provato. L’approccio è questo. Non è un fatto di preparazione, ma è il sapersi adattare a tutte le situazioni, ricordandosi sempre che si tratta di uno spettacolo e uno show si fa sempre insieme al pubblico.
Tra i vostri primi fan c’è Dade dei Linea 77, che è rimasto colpito proprio da una vostra performance live. Ci raccontate qualcosa di quell’incontro?
Laszlo il giorno prima finisce sotto la macchina di un suo amico, in seguito ad uno scherzo e ha un piede rotto, ma probabilmente non se ne accorge perché inizia a suonare addirittura con il gruppo precedente e, senza soluzione di continuità, al termine attaccano gli Anthony Laszlo.
La serata è delle migliori, la sala è piena, Anthony è incontenibile, salta, sputa, corre, balla, grida e si dimena. Laszlo è in trance. Ragazzi e ragazze dal pubblico ci sporgono bicchieri. Dopo circa tre ore di concerto incessante, Laszlo sale in piedi su una panca e ha un mancamento. Frana sulla batteria distruggendola e capovolgendola e qualcuno è già pronto a chiamare un’ambulanza.
Anthony non si ferma, anzi. Impazzisce. Dà volume e parte con un uragano di feedback saltando sulla spia con la chitarra sopra la testa. Qualcuno corre in soccorso di Laszlo, ma non fa in tempo a toccarlo che parte un urlo di battaglia e restando a terra su un fianco inizia a percuotere violentemente tutto quello che resta della batteria. Anche Anthony si butta per terra continuando a suonare come un pazzo e si butta nel pubblico ballando fra la gente.
Quella sera suonavamo da “Giancarlo” a torino e Dade quella sera era lì e qualche tempo dopo ci ha proposto di fare un disco.
L’uscita dell’album è stata preceduta dal video di «F.D.T», che colpisce per la sua psichedelia, manda in fumo il cervello di chi lo vede e si sposa perfettamente con i ritmi e la tematica del pezzo. C’è qualche aneddoto, qualche dietro le quinte, che volete raccontarci?
Più che raccontare un aneddoto vorremmo sottolineare la presenza nel video di Stefano (Steu Clalì) il “barzellettiere”, un artista di strada che da più di vent’anni racconta barzellette fra la gente. Un uomo di spettacolo “reale” in antitesi al mondo costruito che abbiamo voluto raccontare nel videoclip.
Il panorama indipendente italiano sembra essere in forte crescita negli ultimi anni. Pensate che sia semplicemente un momento, legato magari a certe mode, o credete che anche nel nostro paese si stia imparando a valorizzare la musica underground?
Forse non c’è più un vero confine fra il mainstream e l’underground, il mercato è saturo è sta esplorando e la gente ha più scelta. Probabilmente si, qualcosa sta cambiando. Fra qualche anno capiremo quale impatto avrà avuto questo periodo storico nella cultura musicale e artistica in generale nel nostro paese. Noi siamo ottimisti.
Quali progetti avete per l’immediato futuro?
Non vediamo l’ora di partire con il tour e di cominciare a lavorare al secondo disco.
A cura di Daniele Mu
Capo Redattore