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Intervista a Giacomo Castellano

Intervista a Giacomo Castellano
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Abbiamo avuto l’onore di intervistare Giacomo Castellano, uno dei chitarristi più famosi e richiesti in Italia.

Intervista a Giacomo Castellano

Molti di voi già conoscono Giacomo Castellano, uno tra i migliori chitarristi che abbiamo in Italia e che certo non ha bisogno di ulteriori presentazioni.

Inizia a studiare chitarra a 14 anni e i primi anni della sua carriera sono caratterizzata da un’intensa attività didattica nelle più prestigiose scuole e accademie di musica italiane.

All’inizio degli anni ’90 comincia a suonare come turnista e dal vivo collaborando negli anni con noti artisti italiani come Claudio Simonetti, Paolo Vallesi, Raf, Irene Grandi, Gianluca Grignani, Marco Masini, Gianna Nannini, Elisa, Vasco Rossi e Adriano Celentano; con quest’ultimo lavorerà anche nel programma tv Rockpolitik.

Nel febbraio 2004 pubblica il suo primo album solista Cutting Bridges. Negli ultimi anni ha collaborato anche con le nuove realtà del mondo musicale italiano quali Noemi e Alessandra Amoroso.

Abbiamo incontrato Giacomo Castellano al quale inviamo un grande ringraziamento per aver trovato un po’ di tempo anche per noi. Ecco cosa ci ha raccontato in questa esclusivissima intervista.

Sei uno dei turnisti più famosi in Italia. Com’è la vita da turnista, e quali sono le differenze principali (se ci sono) con un chitarrista “da una sola band”?

Ciao, grazie mille del complimento! La “vita da turnista”, come la chiami tu, in realtà non è altro che una delle tante facce del mio lavoro come musicista. Se si ha la sufficiente varietà di linguaggio musicale, esperienza di ascolto e apertura mentale è facile che si possano affrontare diversi stili musicali e conseguentemente sarà possibile adattare il proprio modo di suonare a diverse situazioni professionali.

Essendo anche un “chitarrista da band” posso marcare una grande differenza tra le due situazioni: nella propria band si compone musica ad hoc per le nostre possibilità, mantenendo possibilmente la nostra identità. Quando si lavora per altri è un po’ come fare l’attore. si interpreta una parte ed il nostro enorme contributo va appunto nel come una parte musicale viene eseguita, nel suono scelto e via dicendo.

L’identità però è mantenuta, semplicemente ci si deve adattare a ciò che la musica (non nostra) richiede, cercando il giusto balance tra quello che dobbiamo eseguire, creatività (e quindi suggerimenti vari) e capacità di adattamento.

Hai all’attivo molte collaborazioni illustri: Claudio Simonetti, Gianna Nannini, Elisa, Irene Grandi, Raf, Piero Pelù. Quali esperienze ti hanno segnato di più? Come metti al servizio del pezzo il tuo background musicale?

Tutte le esperienze ti segnano, ti lasciano un ricordo emozionale ed uno intellettuale che va ad alimentare la propria esperienza musicale, professionale ed umana.

Ognuna di queste avventure crea nuovi contatti, nuove conoscenze che a volte sconfinano piacevolmente dall’ambito lavorativo a quello privato, per diventare amicizie vere e proprie. Io vengo dal rock, ma ho avuto un percorso che tocca molti altri generi e che mi consente una certa versatilità, pur mantenendo il mio suono, al quale tengo molto 🙂

Cerco sempre di immaginare il suono giusto, la parte musicale giusta, l’interpretazione migliore di ciò che devo suonare.. In realtà non faccio franta distinzione tra musica mia e musica di altri perché l’obiettivo finale è lo stesso.

Hai all’attivo anche un album solista: «Cutting bridges» del 2004, nel quale si esprime al meglio la tua vena rock/metal e fusion e che vede la partecipazione del batterista Thomas Lang in alcuni pezzi. Una sorta di ritorno alle origini?

Cutting Bridges è un disco che è uscito effettivamente nel 2004, poi è stato remixato e rimasterizzato nel 2012 ed è stato in tale occasione che ho aggiunto un brano dove suona Thomas Lang, un musicista incredibile con il quale collaboro a diversi progetti musicali.

Cutting Bridges rappresenta per me la prima produzione di cui ho curato tutti gli aspetti, comprese le grafiche eccetera. Ho sempre pensato che per poter produrre musica sia fondamentale conoscere bene tutte le varie fasi, comprese quelle che non sono di nostra competenza (come per me il mastering) in modo da poter “dirigere” con cognizione di causa tutti gli step della produzione.

Un altro momento importante della tua carriera è la collaborazione con Gianni Rojatti nei Racer Café, che per certi versi ricordano le sonorità di Cutting bridges. Com’è stato lavorare con lui? Proseguirete l’esperimento?

Con Gianni abbiamo un fantastico feeling artistico e umano! RACER CAFÉ avrà sicuramente un seguito. In questo progetto si “scontrano” due stili chitarristici diversissimi ma complementari. Il progetto è nato in maniera spontanea e si è evoluto cercando sempre di divertirsi il più possibile. Anche con RACER CAFÉ ho “sconfinato” dall’ambito prettamente chitarristico, curando tutto l’editing musicale, il mix e la grafica del cd.

Ovviamente in ogni fase non è mai mancato il confronto con Gianni Rojatti. Colgo inoltre l’occasione per citare Dado Neri al basso ed Erik Tulissio alla batteria.

Oltre ad essere un musicista sei anche un insegnante: in base alle tue esperienze quali sono gli errori più comuni nell’atteggiamento e nell’approccio alla musica dei giovani chitarristi, e che consigli daresti a chi si vuole avvicinare ad un mercato musicale in continuo mutamento?

Spesso vedo che manca cultura musicale, conoscenza dei repertori più importanti ed in generale noto un consumo della musica meno attento, questo è paradossale se si considera l’evoluzione del web ed in generale dell’accessibilità alla musica. Ci sono 50 anni di chitarra elettrica alle spalle, serve conoscere i suoni, i repertori ed ascoltare i dischi con attenzione!

Noto inoltre che molti chitarristi che hanno 20 anni oggi ascoltano le stesse cose che ascoltavo io quando avevo la loro età, non immergendosi del tutto in ciò che accade musicalmente oggi.

Il mio consiglio è quello di ascoltare parallelamente ciò che è avvenuto nel passato ed imparare ad apprezzare ciò che c’è di valido nel presente. Parlo di musica a 360 gradi, non della chitarra e basta, inoltre aggiungo che la maggior parte delle mie influenze musicali attuali non risiede necessariamente in musica dove la chitarra è protagonista.

Ritorniamo per un attimo al background musicale: quali sono le tue influenze come chitarrista e compositore, e hai mai pensato di poter essere tu stesso un “guitar hero” per altri chitarristi?

Non ho mai pensato di essere un guitar hero! Il fatto che qualcuno mi consideri tale e riceva uno stimolo creativo da ciò che faccio musicalmente è per me fonte di immensa soddisfazione!

Per quanto riguarda le influenze il discorso è semplice: tutto mi influenza! Le colonne sonore dei film che guardo, qualcuno che ascolta musica al piano di sopra, i dischi che compro e quelli che comprano i miei amici, le band del passato che riscopro e le più attuali pubblicazioni musicali. La chitarra è solamente il mio mezzo per creare attingendo da tutte queste esperienze uditive.

Sappiamo che sei endorser Ibanez e utilizzi ampli Masotti. Quali sono le caratteristiche che cerchi nello strumento? In molti ad esempio storcono il naso vedendoti suonare una Ibanez insieme a Gianna Nannini.

Cerco un feeling speciale, una sensazione poco descrivibile ma che ha molto a che fare col sound che ho in mente. Uso prevalentemente Ibanez e Masotti/Mezzabarba ma se serve non disdegno ovviamente una strumentazione più classica.

Se la gente storce il naso a vedermi con una Ibanez con la Nannini o chicchessia magari dovrebbe forse ascoltare e non guardare: le chitarre che uso sono sempre scelte con grande attenzione e non sempre sono Ibanez anche se chiaramente come endorser e utilizzatore da tanti anni, cerco sempre di proporle.

Veniamo alla domanda conclusiva: Internet. Sul tuo canale YouTube hai molti video all’attivo, e se non sbaglio la collaborazione con Lang è stata in buona parte a distanza. Pensi che Internet possa aiutare il mondo della musica (sia come occasione per conoscere musicisti, sia come mercato) o sei un nostalgico dei vecchi tempi, quando andavano i vinili e non esistevano tab online?

Non sono assolutamente nostalgico di un’era passata in cui per produrre e promuovere la propria arte servivano budget troppo elevati. La “democrazia digitale” in cui viviamo ci obbliga alla ricerca di idee, i mezzi ci sono per tutti ma non tutti ottengono gli stessi risultati, questo perché non tutti “brilliamo” di creatività e sapienza allo stesso modo.

In passato spesso andava avanti chi poteva permettersi i mezzi e non necessariamente chi era più dotato, adesso non è così ed io lo preferisco! No, non mi manca affatto il passato! Adoro poter collaborare con Thomas Lang via Dropbox oppure registrare le chitarre per Christoph Zirngibl (compositore di colonne sonore, Monaco-Germania) scambiandoci opinioni via Skype, creare gli arrangiamenti per Edurne (Spagna), mandarli ai musicisti per poi andare sul luogo e constatare che tutti sanno già le parti, risparmiando tempo e denaro.

È chiaro che quando il budget lo permette si viaggia, si lavora insieme e si crea “alla vecchia maniera” ma è anche vero che metà delle esperienze musicali di quest’ultimo anno non sarebbero semplicemente avvenute senza il web e ciò che permette. Personalmente la possibilità di poter pubblicare video mi ha spinto a fare sempre meglio, fino al punto di iniziare un percorso di approfondimento come videomaker, un’arte che mi sta appassionando sempre di più.

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