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Jeremy Denver e la precarietà

Jeremy Denver e la precarietà
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Con il nuovo singolo Jeremy Denver scalfisce le barriere dell’incertezza verso il futuro tra leggerezza e realtà.

Jeremy Denver e la precarietà

Jeremy Denver, dopo aver conquistato il pubblico per originalità e carisma, la critica per versatilità e sensibilità autorale ed aver collezionato un incredibile numero di streams e views in brani come “MUSA”, “Guido Male”, “PEZZI” e “THAT’S AMORE”, che ne hanno riconfermato eclettismo ed attitude fortemente sperimentale, il brillante cantautore triestino torna nei digital store con “Paracadute”, il suo nuovo singolo prodotto da Hazel.

Se Jeremy Denver in “PEZZI”, un bianco e nero intriso di passione, rabbia e sentimento, l’artista classe ’93 dava sfogo alle ferite dell’anima per esorcizzarle e sovvertirle in veri e propri punti di forza da cui ricominciare a vivere, in “Guido Male” scansionava i propri conflitti interiori sotto la lente di un beat di matrice Old School ma dalle travolgenti sfumature catchy e in “MUSA” e “THAT’S AMORE” si spogliava di maschere, barriere e timori lasciando fluire esclusivamente la voce del cuore, in questo nuovo pezzo, avvolto da un irresistibile abbraccio Soul con elegantissimi richiami elettronici, il focus è incentrato sui dubbi, le perplessità ed il timore verso il futuro, che vengono sviscerati, in perfetto stile Jeremy, con arguta ironia. 

Una leggerezza che non si identifica in irresponsabilità, noncuranza o negligenza nei confronti del domani, ma in una brezza sottile che come una carezza sul cuore diventa necessaria, quasi imprescindibile, per poter affrontare l’oggi in virtù di quello che verrà, come lui stesso racconta:

«“Paracadute” è un autoscatto tradotto in musica della mia preoccupazione per il futuro, il futuro di tutta la mia generazione. È come se fossimo effettivamente sospesi nel cielo e non sapessimo dove atterrare, perché, attorno a noi, percepiamo e scorgiamo solo acqua. La scelta di trattare il tutto in maniera leggera, è il mio modo di dire “Nonostante tutto, non ci abbattiamo”, perché sono convinto del fatto che prendere le preoccupazioni con il sorriso, sia davvero il metodo più efficace, anche se è probabilmente il più complicato da praticare, per affrontarle».

Una condizione, quella di sentirsi sospesi, costantemente in bilico su un terreno instabile e franoso, che attanaglia moltissimi giovani, allarmati dalle sempre più rare certezze che il mondo degli adulti sa fornire e garantire loro sulle prospettive future.

Ed è proprio in questa situazione di impasse, ove regnano precarietà e preoccupazioni, che la penna vibrante e incisiva di Jeremy scava per dar luce e vita ad un ritratto realista della nostra contemporaneità, dipingendo, con i toni caldi delle sue graffianti liriche, una sorta di preghiera laica che ben si esprime nel ritornello – «Signore abbi pietà di noi, miglioraci il futuro se puoi, perché se guardo col mio cannocchiale vedo solo mare non dove atterrare» -. 

Un mare di titubanze in cui ognuno è naufrago di se stesso, alla deriva di una corrente contro cui combattere quotidianamente, per evitare di soccombere, di sprofondare negli abissi della frustrazione, di un abbattimento morale da cui può essere impossibile risalire, risollevarsi. 

Una richiesta di aiuto in cui si fondono umorismo e riflessioni di un giovane che parla ai giovani nella loro stessa lingua, ma che grazie al magnetismo della sua scrittura e ad un’impronta timbrica e stilistica uniche, si rivolge, riuscendo a catturarlo, anche al pubblico adulto, chiedendo solo di essere ascoltato, perché, troppo spesso, i primi a fuggire da responsabilità e doveri, siamo proprio noi adulti.

Anche le strofe, nel fluente susseguirsi di ironia e considerazioni profonde, presentano i tratti antinomici di chi è determinato a lasciare un segno del proprio passaggio nel mondo – «Metto un pezzo di me in ogni traccia, così in questa vita, frate, non mi ammazzeranno mai» -, ma si sente imprigionato in una gabbia di perplessità e irresolutezza – «Chiedo un aiuto al signorino su che ci guarda da un tot (hey, tu!) E se devo essere onesto, non ho più nemmeno voglia di procreare» -.

“Paracadute” è accompagnato dal videoclip ufficiale, diretto da Mario Orman e presentato in anteprima nazionale su Sky TG24, che simboleggia ed enfatizza perfettamente il dualismo leggerezza-complessità connaturato al testo.

A cura di Elisa Aura Serrani

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